lunedì 7 settembre 2009

VAGABONDAGGI racconto di d'ambrosio angelillo

Me ne andavo per Milano. In compagnia di Icaro il Pirata. Andavamo per vecchi cortili a bere caffè e a sfottere giovani portinaie vestite di verde.
Nei nostri vagabondaggi ce ne andammo in un supermercato di lusso, una Rinascente. Non avevamo una lira e non compravamo niente. Allora Icaro il Pirata per vendicarsi cominciò a azionare comandi elettronici tramite un computer mentale. Così calarono all'improvviso delle sbarre di ferro in un reparto e tutte le merci furono distrutte.
La gente cominciò a scappare via e anche noi scappamo via.
"Minchia, Icaro, che danni".
"Non è finita", disse allora Icaro.
Infatti le sbarre di ferro continuarono a cadere e a scendere, finchè l'intero supermercato di lusso, erano cinque piani di palazzo completamente riempito di merci di lusso di tutto il mondo, finì sbarrato e completamente oscurato di ferro. Tutte le merci di lusso di tutto il mondo completamente a puttane.
Io e Icaro scappammo.
Dalle vie laterali e principali cominciò a arrivare la polizia.
"Minchia, ma che cazzo hai fatto?", chiesi al Pirata.
"Nulla di speciale, ho inserito l'allarme atomico, antisismico e antiterrorismo contemporaneamente. Allora il sistema di difesa per difendere appunto tutte le merci non ha pensato altro che di distruggerle. Ma che ne sapevo io? Questi sistemi sono completamente stupidi come fossero davvero uomini perfetti".
Scappammo.
"Io non ho fatto niente, e se caso mai tu dicessi qualcosa io sosterrò sempre di non averti nemmeno incontrato oggi", gli dissi.
"Va bene", disse lui.
"Ti conviene fare lo stesso. Negare sempre. Perchè se tu confessi come fai a convincere il giudice del contrario, cioè che non sei tu il colpevole? Negare sempre, il giudice rimarrà nel dubbio almeno, e allora una sia pur remota possibilità di salvezza resta sempre", dissi.
"Va bene", disse lui.
"Ricordati: nega sempre. Anche se non c'è niente da negare".
"Joseph, sono stupidi. Si affidano alle macchine, e gli uomini li mandano al macero a vagabondare come noi. Non sanno nemmeno che esistiamo quelli lì. Come non sanno che esiste Cristo", disse il Pirata.
Allora sgattaiolammo via.
E finimmo come al solito nelle periferie deserte e desolate della città.
C'era un cortile e una staccionata dipinta di verde.
"Vuoi scommettere che qui c'è una giovane portinaia vestita di verde che ci offre il caffè?", disse il Pirata.
"Vediamo", dissi io.
Entrammo, bussammo, e minchia, sulla porta si affacciò una bellissima ragazza tutta vestita di verde che ci disse:
"Chi siete? Che volete?"
"Siamo Crick e Crock e vogliamo un caffè", disse Icaro il Pirata.
Io scoppiai a ridere così forte a vedere la faccia sbalordita e incredula della ragazza vestita di verde, che mi tenni la pancia per le dolorose e beate fitte di contentezza che mi colpirono all'improvviso.

giuseppe d'ambrosio angelillo, SUPERPAZZI, racconti metropolitani

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LITIGIO ALLA STAZIONE CENTRALE racconto di d'ambrosio angelillo

Me ne stavo con Marco Zizzania sotto i sotterranei della Stazione Centrale. C'era un posteggio di macchine sotterraneo e dopo aver mangiato in una trattoria toscana ce ne stavamo andando via.
C'era una cavaiola terribile. Tutti che volevano andar via in una botta senza seguire nessun senso e nessun ordine.
C'erano delle sedie che tenevano ordine.
Delle vecchie sedie di scuola elementare.
Poi alla fine riusciamo a andar via, sempre con molta fatica.
All'ingresso del posteggio c'era un gruppo di uomini.
E così, non so perchè, io e Marco Zizzania siamo scesi a discutere con loro. Forse per lamentarci del cattivo ordine che regnava nel posteggio sotterraneo di macchine della Stazione Centrale. Infatti là, dopo l'arrivo della Fiat, sembrava che non ci fossero più treni ma solo auto.
C'era tra quegli uomini il presidente della mensa della Stazione Centrale.
"Perchè non date da mangiare gratis ai poveri alla vostra mensa, i mezzi li avete e vi avanzano pure", dico io.
"Ma che dice? Non siamo mica un'opera di beneficenza! Non siamo mica la Caritas!", sibila quello.
"Lo so bene che non fate del bene a sbuffa. Ma anche come operazione pubblicitaria sarebbe una bella mossa. Vi fareste lustro con niente. Ma vedete quanti poveri orbitano attorno a questo pallone gonfiato che chiamate Stazione Centrale".
"Ma si faccia passare questo attacco di imprenditorite lei! Che non ne capisce granchè!"
"Infatti non sono un imprenditore, ma un uomo!"
"Ecco, ha parlato il santone".
"No, i santoni siete voi, così potenti, così semidivini. Ma che cazzo siete a fare così potenti e ricchi se non aiutate nessuno? Siete santi ma senza grazie. E allora siete santi potenti fasulli, e ve lo dico io, che una mezza laurea in teologia politica ce l'avrei pure".
Quello mi manda all'inferno, e io dico che detto da un santo fasullo è pure un bel programma. Comunque c'è da fare poca strada perchè qualsiasi metropoli se ne sta andando all'inferno da sola, in mano ai camerieri dei capitali che son così fasulli che non valgono niente pur reputandosi i padroni del vapore, dei sediolini e dei caffè di cicoria.
Allora arriva il litigio. Urla, bestemmie, levate di pugni nell'aria.
Marco Zizzania mette in moto il suo macinino e ci dice di andar via, perchè sta arrivando un autotreno di veline in transito verso un cartone animato.

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