martedì 2 dicembre 2014

L’uomo che cammina nelle nuvole

sa tutto della vita,

si conosce,

sente il suo respiro, ascolta i suoi passi;

l’uomo che cammina nelle nuvole

non vede gli altri,

si sente parte del mondo,

ascolta solo se stesso

ma sa di non essere solo;

l’uomo che cammina nelle nuvole

è ancora in grado di meravigliarsi,

di essere felice,

di sorridere per una sciocchezza,

di versare una lacrima;

l’uomo che cammina nelle nuvole

non ha paura del tempo,

non conosce passato,

non ha futuro, vive il presente;

l’uomo che cammina nelle nuvole

è fiero delle sue paure,

è sincero con se stesso,

cammina a testa alta e non prova rancore;

l’uomo che cammina nelle nuvole

sa di non essere eterno,

sa amare ogni attimo che gli è donato,

sorride sempre e accetta la vita per il dono che è;

l’uomo che cammina nelle nuvole

quando ascolta una canzone

sente di essere il protagonista

e quando legge una poesia è lui il poeta;

l’uomo che cammina nelle nuvole

non ha niente di speciale

eppure sa di essere unico,

ama il mondo e vive per davvero;

e quando arriva alla fine del percorso,

quando la sua strada finisce

si sdraia e fissando il cielo sorride,

perchè fino all’ultimo istante

è stato capace di camminare nelle nuvole.

(dal web)

“Meglio che ogni fibra si spezzi

e il furore dilaghi

e il sangue vivo inzuppi

letto, tappeto, pavimento

e l’almanacco istoriato di serpenti

che ti conferma

a un milione di contee da qui,

che non sedere muta, con questi spasmi

sotto stelle pungenti,

con l’occhio fisso, con maledizioni

ad annerire il momento in cui

furono detti gli addii

e lasciati andare i treni

e io, grande idiota magnanima,

fui così strappata

al mio unico regno.”

(Sylvia Plath)

L’anima ha il suo rifugio nell’amore 

come tempio di un’avarizia terrena 

che gli dei non possono toccare,

ma l’anima è anche parola,

parola inconscia.

E’ sbagliato identificare

l’inconscio con il tempo dell’anima:

è un’altra stagione, è un altro nutrimento,

ci si ciba di cose estranee all’umana parola,

di cose che non hanno ragione di essere eppure sono,

di cose che sibilano come delle serpi e che

invece sono angeli di illuminazione.

(Alda Merini)

C’è un posto nel cuore

che non sarà mai riempito.

Uno spazio.

Lo conosceremo più che mai.

C’è un posto nel cuore

che non può essere riempito.

E noi aspetteremo,e aspetteremo

in quello spazio.

(Charles Bukowski)

La bocca mi fiorisce come taglio.

Maltrattata tutto l’anno in lunghe

notti fatte soltanto di gomiti callosi

e delicate scatole di Kleenex che dicono piangi,

piangi, stupida bambina!

Prima il mio corpo era inutile.

Ora si strappa ai quattro angoli.

Strappa via gli indumenti della vecchia Maria,

nodo dopo nodo

e guarda –

Ora è colpito in pieno da questi dardi elettrici.

Zac! Una resurrezione!

Una volta era una barca, piuttosto legnosa

e senza impegno, senza acqua salata

e bisognosa di qualche ritocco.

Non era altro che un mucchio di tavole.

Ma tu l’hai attrezzata, l’hai issata.

Tu l’hai scelta.

I miei nervi sono tirati.

Come strumenti musicali

li ascolto.

Là dove era silenzio

i tamburi e gli archi senza tregua

continuano a suonare.

Il merito è tuo.

Genialità pura all’opera.

Caro, il compositore è caduto

nel fuoco.

(Anne Sexton)

A volte non hai il tempo di accorgertene,

le cose capitano in pochi secondi.

Tutto cambia.

Sei vivo. Sei morto.

E il mondo va avanti.

Siamo sottili come carta.

Viviamo sul filo delle percentuali, temporaneamente.

E questo è il bello e il brutto,

il fattore tempo.

E non ci si può fare niente.

Puoi startene in cima a una montagna

a meditare per decenni e non cambierà una virgola.

Puoi cambiare te stesso e fartene una ragione,

ma forse anche questo è sbagliato.

Magari pensiamo troppo.

Sentire di più, pensare di meno.

(Charles Bukowski)

Pensiero, io non ho più parole.

Ma cosa sei tu in sostanza?

qualcosa che lacrima a volte,

e a volte dà luce. ..

Pensiero, dove hai le radici?

Nella mia anima folle

o nel mio grembo distrutto?

Sei cosi ardito vorace,

consumi ogni distanza;

dimmi che io mi ritorca

come ha già fatto Orfeo

guardando la sua Euridice,

e cosi possa perderti

nell’antro della follia.

(Alda Merini)